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L'amore, creatura inebriante e meravigliosa, talvolta infida, spesso annidata e risolta nei recessi di un bicchiere. Scivola sensuale nei versi di Pietro Paolo Imperi, epifania di una fragilità volatile che osa mostrarsi perché nel farlo riemerge dall'abisso. Il Poeta spazia tra esperienze interiori e visioni realistiche, tanto che pare scriva con tutto il corpo conscio di ciò che succede non solo al proprio ma ai corpi altrui, in una danza estatica di apparenza e disvelamento. Un'autoanalisi impietosa, la sua, che ricostruisce l'esperienza d'amore e dipana un percorso intriso di soste e ripartenze, momenti di solitudine, in cui il vuoto del presente svilisce la vita e si fa pressante il desiderio di non dimenticare. Idealmente divisa in tre sezioni, Poesie di rifugio e di solitudine, Poesie della coscienza e dell'accettazione e Poesie d'amore e dal cuore. Nella prima un cuore straziato dalle troppe ferite, si mostra impavido a occhi estranei. Nella successiva, sonda il mistero dell'innamoramento, quando irrompe e si fa protagonista la passione. Accettare l'amore che ti colpisce improvviso significa anche non avere paura di lasciarsi andare, vivere l'attimo in tutto il suo fulgore, senza remore né ripensamenti. Nell'ultima sezione, la consapevolezza che l'amore ci rende unici, interconnessi con il mondo. Un'operazione lirica a cuore aperto, dunque, in cui Imperi seziona emozioni, scava in profondità per carpirne i significati sottesi, attraverso una versificazione moderna e prosastica, che attinge all'uso di enjambement e metafore pregnanti.